Harley-Davidson Iron 883 contro Honda VT750S

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Massimo
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Harley-Davidson Iron 883 contro Honda VT750S

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La Harley-Davidson Iron 883 e la Honda VT750S non sono proprio delle cruiser, perché hanno una posizione in sella più raccolta, con pedane arretrate, e sono caratterizzate da una linea semplice, senza troppi ornamenti. Le cruiser sono generalmente più care, pesanti e impegnative da guidare; chi sceglie una nuda invece lo fa per avere agilità, brio e leggerezza. Però, non sono nemmeno delle vere naked (benché Honda cataloghi, nel suo sito internet, la VT750S tra le nude), perché hanno ciclistica e sospensioni troppo custom. I prezzi sono invitanti. La giapponese è molto economica: costa 6.990 euro chiavi in mano, mentre per la statunitense si spendono 8.700 euro. Tra le Sportster non è la meno cara (la custom 883 Low costa 400 euro in meno), ma è la più apprezzata e venduta dell’intera gamma Harley-Davidson.
Honda invita alla postura rilassata, con la schiena dritta e le braccia moderatamente flesse ad agguantare un manubrio rialzato, ampio e di chiara derivazione cruiser. Harley è più “ingrugnita”. Innazitutto si viaggia a rasoterra, con una sella bassissima e il manubrio, più stretto e con una angolatura in stile naked, più distante dal pilota, che deve assumere una posizione leggermente più ingobbita. La sella è molto ben conformata e accogliente, ma piuttosto dura. Ben isolata dalle vibrazioni, che raggiungono prima le pedane e poi il manubrio, offre un buon sostegno lombare in accelerazione. Leggermente più alta, ma alla portata anche dei piloti di statura più bassa, la seduta della Honda è anche meglio imbottita. Nelle manovre da fermo si avverte il maggior peso della Harley (+ 28 kg), che richiede qualche sforzo in più per via della ridotta leva del corto manubrio. Il baricentro basso di entrambe però aiuta parecchio, così che sia con la Iron, sia con la VT ci si destreggia con discreta disinvoltura. Unica attenzione va alle caviglie: quella destra finisce spesso per lambire, con tutte due le moto, i collettori di scarico. Un po’ di accortezza va usata anche con il cavalletto della Harley: mentre quello della giapponese è stabile e facile da utilizzare, quello dell’americana è più lungo e, estraendolo, spesso si urta la pedana. Inoltre ci è capitato che, semplicemente portando la moto in verticale, rientrasse da solo: basta avanzare di pochi centimetri perché la molla lo riporti in posizione di risposo con uno scatto. Ovviamente: zero protezione aerodinamica con entrambe, ma con la Honda, su cui si sta con le braccia più larghe, si “raccoglie” più aria in corsa quando si viaggia in autostrada. Nonostante ciò, se dovessimo affrontare un lungo trasferimento, sceglieremmo lei, perché in definitiva più confortevole e meno affaticante della Harley.
Accesi i motori, ci stupisce di ciò che si sente: il bicilindrico giapponese frulla regolare, ma dallo scarico romba un sound quasi da special, per quanto sempre civile. All’opposto i due silenziatori Harley, da cui ci saremmo aspettati una voce tonante, ci sembrano persino troppo ovattati, lasciando percepire più distintamente il ticchettio meccanico del twin ad aste e bilancieri. Entrambi i propulsori non mettono in difficoltà chi ha poca confidenza con le moto: le potenze sono contenute su tutte e due, ma la 883 ha un po’ più di schiena. La VT750S è leggermente meno assetata e, grazie anche al serbatoio un po’ più capiente, può superare agevolmente i 200 km di autonomia. Viaggiando senza fretta, con la Iron vediamo invece accendersi la spia della riserva dopo circa 160 km. Il cambio Honda è ottimo: dolce negli innesti e sempre preciso, è accoppiato ad una frizione morbida e molto ben dosabile, che si fa apprezzare soprattutto nel traffico e in manovra. Con Harley invece bisogna cambiare decisi: gli innesti sono più duri e rumorosi. Inoltre la frizione è meno modulabile di quella dell’avversaria e, nell’uso prolungato, anche leggermente più dura da azionare.
Le sospensioni non nascondono, in entrambi i casi, la loro origine custom. Il comfort è limitato, soprattutto in sella alla Harley: forcella e ammortizzatori hanno scarsissima escursione e arrivano presto a fondo corsa. Con la Honda è meno problematico superare dossi e tombini; gli ammortizzatori, per quanto rigidi, sono meno legnosi di quelli dell’americana, mentre la forcella è una spanna sopra quella della Iron: scorre bene e assorbe bene le imperfezioni. Il passeggero è un ospite poco gradito sulla Honda, per via di una sella poco accogliente, priva di appigli e pedane molto vicine al piano di seduta, che obbligano a rannicchiare eccessivamente le gambe. Con Harley il problema del passeggero non si pone neanche: sull’americana non c’è spazio per il secondo. Se proprio lo si vuole portare - scomodamente -, bisogna acquistare tra gli optional la sella (122 euro) e le pedane (120 euro).
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